venerdì 10 febbraio 2017

BUFERA

La campanella questa mattina suona molto presto per i due bonfantiniani e per il prof.

Direzione Milano Malpensa, li attende il volo diretto a New York per poi trovare la coincidenza per Port Au Prince, verso le Antille, nel mare che, per molti, è solo quello del pirata Jack Sparrow e della sua “maledetta” e scombinata truppa. Dalla Grande Mela non arrivano buone notizie, 2.800 voli cancellati in poche ore, una bufera di neve in corso e temperature proibitive attendono i tre bonfantiniani.

Ma nulla spaventa! Un ritardo è niente in confronto al desiderio di proseguire il cammino lungo la strada tracciata negli anni passati, in più occasioni, tra gli ultimi di una gigantesca bidonville nello sguardo nuovo che una “rivoluzionaria” suora francescana offre a tutti coloro che mettono le proprie mani a disposizione dell’inatteso. Quasi dieci ore di volo e la Grande Mela si presenta innanzi agli occhi di tre piemontesini intrepidi, abbigliati all’attesa di 40°C caraibici che asciugano anche il sudore nelle terre haitiane. Ma New York non è nei Caraibi, New York è nella bufera! 


L’aereo fatica a trovare la pista di atterraggio tra un vento incredibilmente gelido e un’improvvisa nevicata. Ma non è una città alla stessa latitudine di Napoli?! Ben 19 gradi sotto lo zero percepiti sulla pelle ormai insensibile, poche ore alla ripartenza verso il sud degli Stati Uniti d’America, il centro delle Americhe, l’avamposto degli ultimi: Haiti!. Giusto il tempo di “rendere omaggio” alle fatiche e alle tragedie di questo Paese. Dal Queens verso Manhattan ma fermandosi alla quarantesima strada, ai piedi dell’imponente grattacielo sede del New York Times e via a piedi tra strade innevate, pozze di neve senza fondo che inzuppano le scarpe… ma c’è la voglia di conoscere, di guardare, di scoprire e di respirare una città conosciuta solo attraverso i media, di sfruttare questa occasione unica. 


Si cammina per ore, per strada poco movimento, poche persone, rumori attutiti dall’abbondante coltre nevosa, la giornata è veramente glaciale e i newyorkesi hanno testa! Ma i bonfantiniani senza testa hanno un cuore in movimento e, al chiarore di una luna piena, con le indicazioni generose e sorridenti dei locali, arrivano a Ground Zero. Non c’è nessuno se non qualche uomo impegnato a spargere sale sul ghiaccio dei marciapiedi, l’aria è gelida e lo skyline emoziona e abbraccia tre uomini che osservano sbigottiti il luogo dove il terrore ha interrotto dei percorsi, dei sogni e delle strade. È emozione, raggelata da un vento oceanico che blocca le gambe, fa tremare, disorienta, nel chiarore di questa luna invernale. Qui sono le immagini delle nostre tivù, di quelle due torri, di quei due aerei, di quel giorno… qui sono i colori delle prime pagine dei nostri giornali, qui è la sirena dei camion dei pompieri, qui lo sguardo perso sui volti intrisi di polvere di quell’undici settembre. 

I tre sono ai limiti dell’assideramento ma consapevoli di ricevere un vento speciale, quello che la vela attende intrepida in mezzo al mare. Ora sono pronti a proseguire il loro cammino: questo vento è stato un segno importante, un dono inatteso ma, come scriveva Neruda: “Mi ricevi come il vento la vela. Ti ricevo come il solco il seme”. Hanno ricevuto il dono di uno sguardo speciale, in un luogo intriso di significati, sono preparati ad affrontare la strada di bellezza intrapresa tra gli ultimi di Waf Jeremie ad Haiti, a essere accolti ancora ma ad accogliere abbracci indimenticabili. Sono pronti a restituire l’ossigeno ricevuto a chi fatica a camminare lungo un sentiero. Non potranno toglier loro la salita, non potranno percorrerla accanto a loro tutta la vita ma potranno condividerne dei passi importanti, magari con il fiatone ma con la certezza che la vita è un dono, è un avventura, è meraviglia, è inatteso e la possibilità di condividere un pezzo di cammino nella bellezza è irrinunciabile.

Amava ripetere un filosofo francese: “Traccia ogni solco come se fosse una preghiera, canta ogni versetto come se fosse un seme e scava, scava nel profondo di ogni cosa fino a Dio”.

Ed è di nuovo cielo… verso le Antille!


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