venerdì 25 marzo 2016

BAMBINI IN CATTEDRA

È l’alba e il tap tap solca le strade di spazzatura e polvere popolate da capre e maiali allo stato brado, calpestate da decine di migliaia di uomini e donne che vanno non si sa dove, tornano da chissà quale posto, lavoro, vissuto: è un altro giorno a Waf Jeremie, un caldo giorno caraibico sferzato da un vento forte che porta con sé spazzatura di ogni genere, una gran polvere che si infila tra le narici che odorano i profumi del mercato del pesce a qualche metro dal porto.

La natura è nel pieno del suo vigore ma i giorni di preparazione alla Pasqua sono un momento di "stop" per tutti: i muratori che stanno edificando le nuove strutture della Kay non lavorano, il medico e le infermiere della Klinik si occupano dei piccoli ospiti dell’orfanotrofio e la clinica rimane chiusa, la scuola e l’asilo sono deserti ma le voci dei piccoli abitanti della Kay si fanno sentire tra il verde prato e i colori che in questo angolo di paradiso sembrano dipinti a mano. È un continuo contrasto tra la bellezza della Kay che nasce e cresce per accogliere, e la tremenda realtà della baraccopoli dove si ammassano le lamiere, i rifiuti e i liquami scorrono in rivoli numerosi e maleodoranti. È un contrasto veder nascere e
allo stesso tempo sapere che una donna viene rapita, violentata e ridotta a brandelli da scellerati banditi che non hanno alcun rispetto per la vita, neppure per la propria. Stringo a me i bebè al risveglio, gioco con i più grandicelli, seguo nei momenti di raccoglimento e preghiera i bimbi che, attraverso le strade malridotte, salgono con il tap tap verso il monte del quartiere alto di Petionville, verso l’ambasciata vaticana a cui loro hanno accesso grazie a un nunzio apostolico, di origini irlandesi, che li accoglie tra le braccia della Chiesa. Li seguo lungo questo cammino, loro si inginocchiano a pregare e stupiscono per il rispetto, la compostezza e il silenzio che dimostrano nei loro vestiti più belli (seppur sgualciti e molto semplici).

Sono ancora una volta ai banchi di scuola della vita dove sono i più piccoli a insegnarmi qualcosa, dove sembrano quasi ricordarmi che la preghiera non può cambiare le cose rispetto a te, ma di sicuro cambia te rispetto alle cose.

Ecco quelli che dovrebbero essere i contorni di un progetto scolastico fatto di terra e natura ma che invece sono il cuore pulsante di questa intuizione di creare bellezza.

Proseguo il mio compito di preparare la "strada" (ma soprattutto il "duro lavoro") per Giulia e Matteo. Mancano pochi giorni e con don Franco arriveranno a metter mano anche al piccolo orticello della Kay. I bambini intanto mi ricordano di non calpestare le aiuole, di non strappare i fiori, ricordarsi di risparmiare un po' di acqua per le piante e raccogliere le foglie cadute... sarà mica passato don Franco a dare istruzione precise??? Domanda inutile! Sicuro che è passato, sicuro che ha istruito gli adulti, certo che chi ha capito e intuito l'importanza di tutto questo non ha più di 11 anni e dimostra una coscienza attenta e scrupolosa per un "nuovo futuro".

prof. G.

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