È
la stagione delle piogge nella “perla delle Antille”, in quel lembo di terra
caraibica dagli elevati contrasti cromatici e umani. Apro la strada in solitaria al progetto
di quest’anno, con una settimana di anticipo, cercando di fare in modo che tutto
sia pronto per l’arrivo di don Franco, di Giulia e Matteo.
La pioggia cade
copiosa all’ora del tramonto e al risveglio, con la luna che fa capolino al
canto del gallo, alle quattro e mezza della mattina, anche la bidonville di Waf Jeremie, sembra
rinata. La polvere scompare, i colori vivaci delle lamiere luccicano anche al
buio, le voci piano piano prendono possesso di quest’aria meno fetida della
sera prima ma pur sempre calda, le zanzare cercano riparo tra i pertugi più
nascosti delle mura della clinica. È di nuovo Haiti e il Bonfa, o almeno un suo
rappresentante, torna nella terra che lo ha visto impegnato anche sotto altre
forme nel passato. La luce rivela la bellezza che si è fatta strada grazie al
prodigioso intervento del prof. Belloni e degli alunni che si sono succeduti
negli scorsi anni per dare un tocco tutto bonfantiniano a questo angolo di
paradiso che è la Kay: un orfanotrofio, un asilo, una scuola elementare, una
clinica… o più semplicemente una casa accogliente per i piccoli disperati di Waf Jeremie, immensa
baraccopoli con altissimo tasso di criminalità e miseria diffusa.
È
in una pozzanghera, tra gli ammassi di lamiere della bidonville, che avviene il miracolo; è in un po’ di acqua putrida che
qualcosa si muove! È un corpicino di un bimbo di non più di un mese, vispo,
rosso in volto, appisolato… ma abbandonato nel peggiore dei modi...
Giunge
alla Kay nel verde splendente dei prati, tra i colorati dormitori, i fiori
sgargianti delle Bouganville, i grandi Ibiscus e decine di altre essenze
locali piantumate da due o tre anni. Non si sa da dove venga, chi sia, come si chiami questa creatura. Si sa che c’è e
questo basta per spalancare le porte anche a lui. La sua vita ha incrociato
quella di suor Marcella, degli educatori e dei 112 bimbi ospitati. E il
miracolo avviene mentre Roseline, una delle educatrici, sceglie il meglio per
lui, nonostante non sia particolarmente benestante, sceglie di prendersene cura: Joseph ora ha una mamma premurosa e attenta, dal cuore grande!
Lo
coccola, lo accudisce, lo nutre e lui continua a dormire riconoscendo un bene
in quelle braccia che lo stringono e lo accolgono, in quelle mani che lo lavano
e lo cambiano e che gli offrono un biberon pieno di latte. È questo il contorno
di un piccolo/grande/meraviglioso progetto scolastico che cerca di conservare questa “bellezza”, con le
competenze di chi le mani nella terra ha scelto di metterle già da qualche
anno, per far sì che spunti il germoglio giusto anche in queste estreme
periferie del mondo.
Il
Bonfa ci prova, il Bonfa c’è e non può che farsi “prendere” in tutto e per
tutto da questa bellezza che permane!
Il
poeta francese De Musset diceva che per riuscire nel mondo è necessario
prendere in considerazione tre massime: vedere è sapere, volere è potere, osare
è avere! E qui la forza di volontà è solo un muscolo da allenare! E allora via
che si va: alla terra!
prof. G.
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