Capita
che spostandosi sul cassone del vecchio tap tap per le strade della baraccopoli, diretti verso quelle
più alte della strana città, capitale della “perla dei Caraibi”, si osservino
gli sguardi dei bambini che mi stanno accompagnando. Capita immaginare
cosa passi loro per la testa. Ma capita anche di vederli estasiati quando alla svolta verso la collina di Petionvillem
urlano: “kap! Guido kap!”. E
allora anche io rivolgo i miei occhi al cielo, nell’ora del tramonto e scopro decine
di aquiloni fatti da buste di plastica, legnetti incurvati e malmessi, guidati
da un filo di quelli che si trovano attaccati ai sacchi dell’immondizia per
legarli, prima che il servizio di nettezza urbana passi a ritirarlo a
domicilio. Qui la nettezza urbana è fatta di container stracolmi, di strade
fumanti (perché “è bene” dar fuoco a tutto, compresa la spazzatura!), di
animali che vi abitano, di umanità alla ricerca.
Ma
lo sguardo verso questi aquiloni molto semplici, ma pur sempre coloratissimi,
mi fa pensare che l’immaginazione di questi bambini è proprio come l’aquilone più
alto su cui si possa volare. Loro accompagnano il bianco grassoccio nella
quotidianità haitiana, hanno gli occhi pieni di gioia quando seguono il volo
degli aquiloni che si innalzano alto sopra i tetti delle baracche e tra il
verde eccezionalmente raro del parco che circonda l’ambasciata vaticana.
Oggi sembra che il cilindro del mondo faccia
uscire da sé un asso di vento, un re di aquiloni, un fante di sguardi di
Ibiscus, un dieci di risate e gioia dei bambini, un settebello di grande
serenità.
Ecco
spuntare le stelle della notte tra i falò di rifiuti della bidonville,
uomini intenti a farsi la barba nei piccolissimi locali improvvisati tra
baracche e confusione. Ecco che nel buio qualcuno fa festa, altri fanno
ritorno, altri si coricano, altri si spingono, altri fanno cerchio attorno a
una scena raccapricciante di due persone a terra tra pugni, urla e insulti… il
cuore è come un aquilone, c’è più gusto a farlo volare vicino ai cavi dell’alta
tensione.
prof. G.
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