Serenamente
contemplo il mare che mi sta innanzi, il leggendario Mar dei Caraibi, teatro di
tanti set cinematografici ma ancor più rassicurante coperta che accarezza il
volto di queste terre. Mai avevo sentito così forti e così belli la voce e il
significato dell’acqua che si frange su queste rive. Pare che il mare abbia
qualcosa di speciale da dire, qualcosa che non so ancora, qualcosa che forse
attende solo il mio orecchio.
Dalle
Kay, dalle costruzioni aperte che ospitano i 116 bambini, non giunge alcun
rumore, le tenebre della notte consentono alle stelle di bucare l’oscurità e
rendere meno timoroso il bianco uomo che sfrutta la brezza della notte per
raccontare… una goccia di racconti, tra le gocce d’acqua che bagnano i fiori e
le piante messe a dimora tra aiuole di preziosa terra riportata e pietre create
dalle sapienti mani degli scalpellini tra le baracche della bidonville. La goccia di latte che beve
Dieudoné cullato da Giulia prima di lasciarsi andare alla notte sul proprio
lettino coperto dalla zanzariera. La goccia di sudore che imperla la fronte di
chi lavora tra terra, pannolini e mille altre necessità di questo paradiso
incluso nell’inferno. La goccia di speranza che questi bimbi hanno nel loro
cuore, quella che consentirà loro di crescere e di diventare futuro per queste
terre.
Matteo
sale a bordo del tap tap e con il prof. Belloni e lo spericolato autista
Baloonì cerca piante nei vivai caserecci ai bordi della baraccopoli, Giulia
collabora con i giovani operatori haitiani per realizzare le aiuole pronte ad
accogliere colore, pronte a essere germoglio, pronte a dimostrare quanto la
bellezza possa crescere e rimanere.
Ci
sono gocce di fatiche che spezzano la propria misura e ti rendono capace di
intuire quanto si possa essere felici anche mangiando un cibo semplice, bevendo
acqua pura in un gallone lercio e avendo come cuscino il proprio braccio
ripiegato, addormentandosi accanto al respiro di una creatura orfana che cerca
il tuo respiro e la morbidezza della tua pancia, peraltro vasta veramente!
Anche
l’acqua sembra essere simbolo di morbidezza e di debolezza… ma nulla le è pari
nel suo modo di opporsi a ciò che è duro, nulla può modificare l’acqua. La
debolezza vince sulla forza e la morbidezza sulla durezza. Qui, alla Kay Pe’
Giuss cadendo, la goccia scava la
pietra, non per la sua forza, ma per la sua costanza.
prof. G.
Nessun commento:
Posta un commento